
La prima di tre serate che il nostro Decanato, con l’Associazione Alcide De Gasperi, il Gruppo Barnaba, e Centro Culturale San Magno, ha organizzato con il titolo “Questioni di bioetica” si è tenuta mercoledì 19 novembre scorso presso l’Auditorium dell’Istituto Barbara Melzi.
Accanto a Francesco Ognibene, giornalista del quotidiano Avvenire, siede la dott.ssa Samuela Boni, presidente all’associazione “La quercia millenaria” che si occupa di accompagnare le gravidanze a rischio, introdotti dal giornalista legnanese di Tv2000 Luciano Piscaglia.
Nella sua relazione il dott. Ognibene ha sottolineato la personale impressione che l’incremento di umanità sperimentato nel corso della recente pandemia sembra venir meno ora che si intravede una via d’uscita dall’emergenza sanitaria: il valore della vita umana, riscoperto nel corso dell’esperienza vissuta, sembra lasciar nuovamente posto a quella che Papa Francesco ha chiamato “cultura dello scarto”. Con questo termine il Papa sottolinea una mentalità eugenetica, selettiva che si diffonde a tanti livelli della società e che spinge ad assegnare valore alla persona in base alla sua efficienza, alle sue prestazioni, mettendo ai margini o addirittura eliminando chi non rientra nella “normalità”. Un esempio citato da Ognibene a questo riguardo è la selezione prenatale messa in atto con l’introduzione di un test diagnostico altamente efficace, recentissimamente approvato anche da Regione Lombardia, che ha quasi annullato il numero di persone con la sindrome di Down nate in Olanda, dove questo test viene usato da tempo. Non si sopporta l’idea che un figlio non sia accettato dalla società e quindi la nostra società che si dichiara inclusiva diventa invece escludente.
Quanto alla problematica dell’eutanasia, morte procurata al consenziente, Ognibene ha sottolineato che la campagna per la raccolta firme a favore del referendum, cui probabilmente saremo chiamati la prossima primavera, era basata sul concetto di libertà. Concetto e valore cui tutti teniamo ma che in questo caso diventa come il cavallo di Troia che veicola la mentalità selettiva per cui persone che diventano un costo eccessivo per la società possono essere eliminate. La prova viene ancora dall’Olanda, che ha depenalizzato l’eutanasia dal 2002, dove il numero di persone che vi hanno fatto ricorso è molto maggiore del ridotto numero di casi estremi (come quello di DJ Fabo) cui si fa riferimento quando si chiede la libertà di porre fine una volta per tutte alle sofferenze. Per lenire le sofferenze c’è però una strada più umana, anche se certamente è più “costosa” per la società rispetto alla pratica eutanasica, che consiste nel potenziamento l’incremento della pratica delle cure palliative. Ognibene ha fatto significativamente notare che nelle università italiane non esistono cattedre di “cure palliative”, e che tutti i medici esperti in questo settore sono l’esito di un volonteroso “fai da te”. Senza la vita umana, bene indisponibile, non c’è la libertà.
Samuela Boni ha portato la sua toccante esperienza di famiglia che ha scelto di condurre a termine una gravidanza in cui il feto presentava malformazioni incompatibili con la vita. A seguito dell’ecografia morfologica, che aveva rilevato l’assenza di entrambi i reni del feto, i medici lem propongono l’aborto terapeutico consentito dalla legge 194. Insieme al marito, con il quale condivide la scelta di vivere il matrimonio come apertura alla vita, Samuela decide invece di portare a termine la gravidanza che si conclude con un parto naturale definito da lei stessa “bellissimo”. Samuele ha vissuto poco tempo ma ha insegnato ai genitori, certamente addolorati, a riconoscere la sua unicità e a rispettare il suo destino. Dopo questa esperienza Samuela ed il marito hanno deciso di collaborare con l’azzociazione La Quercia Millenaria per condividere la loro esperienza ed accompagnare altre famiglie in situazioni simili a quella vissuta.
Durante il successivo dibattito è ripetutamente emerso il tema della sofferenza che la mentalità comune, che spesso diventa anche la nostra, vorrebbe eliminare invece di accompagnare. Nel caso delle donne spesso costrette ad abortire, per problemi che potrebbero essere affrontati e superati, sono esperienze come quella portata da Samuela e dai Centri di Aiuto alla Vita che tracciano la via di risposte veramente umane, come ci insegna la parabola del Buon Samaritano del Vangelo.
Proprio sul tema della sofferenza che può portare anche a richiedere l’eutanasia sarà incentrato il prossimo incontro che si terrà, sempre alle 21 presso l’Auditorium dell’Istituto Barbara Melzi, lunedì 29 novembre 2021 ed avrà per titolo “Eutanasia: inguaribile o incurabile?”. Interverranno Marcello Palmieri, giurista collaboratore di Avvenire e Claudia Castiglioni, direttrice dell’Hospice (cure palliative) di Cuggiono.
Augusta Gatti
docente Liceo Galilei, Legnano








